Aerodinamica automobile

Air force, il nemico invisibile!

Il più energico nemico dell’automobile è l’aria, l’invisibile scudo che abbiamo imparato a fendere plasmando le carrozzerie. Ecco come nasce la sua forza e perché s’ingigantisce con la velocità. Tutto sull’aerodinamica delle auto!

L’auto è fortemente condizionata dall’aerodinamicità delle sue forme perché alterano vari fattori quali la velocità massima, i consumi e la tenuta di strada al crescere dell’andatura. Quest’ultima è in antitesi con gli altri benefici, e trovare un buon compromesso che li soddisfi tutti non è facile. Nel mondo del tuning l’impresa è ancor più problematica, perché a condizionare profondamente il risultato finale entra in gioco anche l’estetica. Se le elaborazioni meccaniche a volte sacrificano parte dell’efficacia in nome del look fine a se stesso, è facile intuire quanto l’esteriorità possa alterare le prestazioni dinamiche, perché sono proprio le forme della carrozzeria a decretare l’efficienza aerodinamica. Del tuning, però, ci occuperemo in modo approfondito prossimamente; per il momento analizziamo l’aspetto fisico che interessa le auto nella produzione di serie.

Fig_1

Resistenza all’avanzamento – La forza che si oppone all’avanzamento dei veicoli (su strada pianeggiante) è la somma della resistenza aerodinamica e di quella di rotolamento del pneumatico. Entrambe crescono sempre più all’aumentare della velocità (non in modo lineare), ma la prima forza in modo esponenziale e partendo da zero, mentre la seconda più gradualmente e da un certo valore iniziale. La Figura 1 mostra gli andamenti della resistenza di rotolamento (curva rossa) e di quelle aerodinamiche (curve blu). Come si può notare, queste ultime sono molto diverse tra loro pur appartenendo alla stessa tipologia di vettura del segmento “C”; la curva 1 rappresenta quella di un veicolo moderno (Cx 0,34), dalle forme più curate, la seconda invece è relativa a un’auto datata con una scarsa penetrazione aerodinamica, come potrebbe essere una Fiat Ritmo prima serie, caratterizzata da un Cx di 0,44! Un valore decisamente elevato che nel 1982 fu mitigato con ammorbidimenti estetici e soprattutto con i quattro fari meglio integrati nell’insieme, facendo diminuire il Cx fino a 0,4. Da notare che il punto di pareggio tra le due forze resistenti (aerodinamica e rotolamento) sulla curva 2 si ha intorno ai 75 km/h, mentre sulla curva 1 corrisponde a circa 120 km/h. Una differenza abissale che giustifica ampiamente le scarse velocità massime delle vetture più anziane rispetto a quelle moderne di pari categoria e potenza.

L’aerodinamica – E’ lo studio del movimento dei fluidi nel quale si muove un corpo, nel nostro caso rispettivamente l’aria e l’automobile; lo spostamento di quest’ultima è fortemente condizionato dalla resistenza che il fluido esercita su di esso e dalle interazioni reciproche che si originano. Le forze aerodinamiche sulla carrozzeria nascono perché il fluido non avvolge la sagoma in modo omogeneo e simmetrico, determinando turbolenze e attriti sulle superfici. Se così non fosse il veicolo posteriormente godrebbe di una controspinta equivalente alla spinta anteriore, annullando di fatto questa resistenza all’avanzamento. Quest’ultima, apparentemente di modesta entità a bassa andatura, cresce in modo esponenziale con la velocità, assumendo una notevole importanza per i consumi di carburante e per la massima punta velocistica raggiungibile dall’auto. Da sottolineare che la resistenza aerodinamica riveste maggiore importanza sulle vetture piccole che sulle grandi berline (perché al crescere del volume la massa aumenta molto mentre la sezione frontale s’ingrandisce poco); inoltre è più problematico realizzare un valido coefficiente di forma per le automobili compatte (che solitamente hanno anche meno potenza), perché le forme allungate si prestano meglio allo scopo.

Fig_2

Forze aerodinamiche – Le forze resistenti originate dall’aria agiscono sulla vettura in tre direzioni diverse: frontalmente, verticalmente e lateralmente (da considerare solamente in presenza di vento o di asimmetrie nelle fiancate della carrozzeria). La prima si oppone all’avanzamento, la seconda (portanza) tenta di sollevare il veicolo da terra. Vista la diversità delle forme tra il profilo della zona anteriore e di quella posteriore, le spinte verticali non coincidono mai sui due assi e la Fz (portanza totale) viene suddivisa tra avantreno e retrotreno come mostra la Figura 2. Le forze resistenti si possono calcolare moltiplicando i fattori di forma (Cx e Cz) per l’area delle rispettive sezioni (nel calcolo figurano anche la densità dell’aria e il quadrato della velocità).

 Fig_3

Fig_4

Coefficienti di forma – Tra i coefficienti di forma, il Cx è certamente il più noto poiché decreta l’efficienza aerodinamica dell’auto (consumi e prestazioni velocistiche); sfortunatamente non figura tra i dati solitamente dichiarati dai costruttori, eccetto i casi in cui se ne debbano vantare perché il valore è inferiore a 0,34! La Figura 3 mostra il Cx di alcuni corpi dalle forme geometriche facilmente riconoscibili, molto diverse da quelle sinuose delle automobili. La prima immagine, la lastra piana, è l’unica insensibile alle dimensioni e alla velocità dell’aria, mentre le altre presentano variazioni dei fattori di forma quando si modificano alcuni parametri. Le ultime due sagome sono uguali ma posizionate specularmente; quella sotto è decisamente più efficiente delle altre, poiché genera una modesta turbolenza (linea rossa) nella zona di ricongiungimento della vena fluida. In assenza di quest’ultima, il Cx sarebbe uguale a “0”, poiché il corpo subirebbe una controspinta da dietro che compenserebbe la spinta frontale. Dell’altro coefficiente di forma, il Cz, si sente comunque parlare perché è legato alla portanza degli aerei o alla deportanza degli alettoni delle Formula 1. La Figura 4 mostra come, inclinando il corpo in basso nella Figura 3 (che posizionato orizzontalmente non genera spinte verticali), nasce una Forza (Fz) perché è stato modificato il coefficiente di forma Cz. Nel disegno 4, in alto a sinistra, l’ala inclinata obbliga la vena fluida che scorre superiormente (sullo sfondo rosso) a compiere un percorso più lungo rispetto a quella inferiore, prima di ricongiungersi con essa. Affinché ciò avvenga, l’aria sovrastante deve muoversi più velocemente di quella sotto (compie orizzontalmente la stessa distanza nello stesso tempo ma il tragitto effettivo è più lungo). Per il noto effetto Venturi (se cresce la velocità diminuisce la pressione) sappiamo che la pressione sopra all’ala risulta inferiore a quella sottostante, dando vita alla Forza verso l’alto (Fz) definita “portanza”. I due disegni in basso nella Figura 4 illustrano sullo sfondo verde il caso opposto (se sopra l’ala diminuisce la velocità dell’aria conseguentemente aumenta la pressione), in cui la spinta Fz è rivolta verso il basso (portanza negativa o deportanza), come quella generata dagli alettoni di una monoposto di Formula 1.

Fig_5                                                                                                                          Fig_6

Cx e sezione frontale – Per valutare la resistenza all’avanzamento di una vettura, non basta individuare il coefficiente di forma Cx, perché caratterizza esclusivamente la sagoma della sezione frontale, non le sue dimensioni (i coefficienti Cx, Cz e Cy sono tutti adimensionali). Costruire un modello dell’automobile in scala 1:4 per studiarlo nella galleria del vento, permette di stabilire il coefficiente di forma dei due veicoli (che è identico); la resistenza al moto invece è assai diversa, perché l’area della sezione frontale dell’auto è 16 volte maggiore di quella del modellino. La Figura 5 mette a confronto una vettura sportiva con una berlina. La sagoma gialla che individua la prima è decisamente più aerodinamica di quella azzurra. Inoltre, l’area della sezione frontale interessata è minore, come si evince dal disegno di sovrapposizione in basso a destra. Il vantaggio aerodinamico (Cx) dell’auto sportiva sembra evidente anche a parità di area, ma

diventa abissale (sempre più la crescere della velocità) in virtù della ridotta superficie esposta all’aria. Il motivo è chiarito dalla formula sullo sfondo rosso, che individua la forza resistente all’avanzamento, frutto del prodotto tra il Cx e la sezione frontale (moltiplicato nuovamente per la costante di densità del fluido e per il quadrato della velocità). Vale la pena rimarcare che nella formula per il calcolo della “F resistente (ovvero Fx)” la velocità figura al quadrato, mentre per stabilire la potenza che il motore deve erogare per vincerla, la velocità compare al cubo (infatti la potenza è il prodotto di una forza per una velocità) come indica la formula in basso sullo sfondo verde. Insomma, se per viaggiare a 120 km/h bastano più o meno 40 cavalli, per andare a 180 servono circa 90 CV, mentre per superare i 330 km/h occorrono 600 CV! La curva verde nella Figura 6, relativa a un veicolo del segmento medio di moderna concezione, indica l’andamento della resistenza totale all’avanzamento, frutto della somma tra quella rossa di rotolamento (su strada pianeggiante) e quella blu aerodinamica.

Il Cx delle auto di serie – Le vetture moderne in genere hanno un Cx inferiore a 0,35; le grandi berline, come la curatissima Lexus IS (Cx 0,27), possono sfoggiare un coefficiente di penetrazione aerodinamica migliore di quelle più piccole che raramente scendono sotto lo 0,30. La Mini BMW, per via del

design ispirato alla celebre antenata, ha un Cx decisamente penalizzante: 0,35-0,36 (a seconda delle versioni), ma per fortuna l’area della sezione frontale è di soli 1,97 mq. Ciò perché alla fine dei conti anche la superficie esposta all’aria pesa molto sulle prestazioni. Tra una sportiva efficiente e una voluminosa SUV il divario di velocità e di consumi è impressionante, perché si sommano gli effetti del Cx e dell’area esposta al vento. La Porsche Boxster (3.2 da 280 CV e 260 km/h) a 90 km/h consuma 13 km/litro e 9,7 a 120 km/h; la Mercedes ML 350 da 272 CV raggiunge solo 218 km/h e alle stesse velocità consuma rispettivamente 10 e 8 km/litro! Per guadagnare le alte velocità, superiori ai 200 km/h, è molto più proficuo lavorare sul Cx dell’auto (e limitare la sagoma frontale) che aumentare la potenza del motore, perché colmare l’handicap richiede tantissimi cavalli in più e al “prezzo” di consumi esorbitanti.

Il Cz delle auto di serie – Sulle auto di serie si manifesta sempre una certa portanza su entrambi gli assali, perché l’aria che scorre sopra la vettura compie un percorso più lungo (riducendo la pressione) di quella che passa sotto. Solitamente il Cz non desta molte preoccupazioni sulle auto meno potenti (dato che non sono in grado di raggiungere elevate velocità), anche perché in genere la spinta di sollevamento fino a 150 km/h non supera i 50 kg per ogni asse. Il discorso è diverso per le auto

con parecchi cavalli, quelle che oltrepassano abbondantemente i 200 km/h, perché la portanza cresce col quadrato della velocità e gli alleggerimenti riducono l’aderenza dei pneumatici causando l’instabilità del veicolo. Per tale ragione molti costruttori utilizzano spoiler fissi e persino mobili, che fuoriescono dalla carrozzeria ad una certa velocità (a partire da 120 km/h come la Porsche Boxster o da 130 km/h come sulla Lamborghini Murciélago).

L’insostenibile leggerezza dell’essere… TT

Un caso clamoroso è stato quello dell’Audi TT prima serie che, secondo alcuni clienti, si alleggeriva a elevate velocità risultando sin “troppo reattiva”, tanto da provocare inspiegabili incidenti (di cui si occupò soprattutto la stampa in Germania). La coupé era dotata di una buona penetrazione aerodinamica ma manifestava un’altrettanto efficace portanza al crescere della velocità; secondo alcuni test effettuati sulla prima TT, risultava un alleggerimento totale di circa 120 chili a 200 km/h, con una prevalenza verso il retrotreno (-65 kg). Alla fine del 1999 l’Audi corse ai ripari apportando alcune modifiche tecniche ai nuovi esemplari. Furono adottati ammortizzatori più frenati, maggiorato il diametro della barra antirollio anteriore e diminuito quello al posteriore, utilizzati alcuni supporti elastici più rigidi e (soprattutto) venne installato un piccolo spoiler fisso sulla coda, capace di rompere la scia dimezzando gli effetti della portanza. A tutto ciò, per “tagliare la testa al toro”, si aggiunse anche il controllo elettronico di stabilità ESP. Morale: la nuova TT risultò più sicura (anche disinserendo l’ESP) ma anche più sottosterzante e meno reattiva sia a bassa che ad alta velocità. Le modifiche introdotte divisero in due l’opinione della clientela: da una parte quelli che si sentivano più sicuri e comunque si dichiaravano soddisfatti della guida e dall’altra coloro che rimpiangevano la reattività perduta, considerando il nuovo modello molto meno sportivo.

 

                                                                                                   

                                                                                                    

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